Ueshiba e Deguchi Onisaburo - Il lato oscuro dell'Aikido
Ueshiba e Deguchi Onisaburo - Il lato oscuro dell'Aikido
Si può affermare senza tema di smentita che le arti di combattimento giapponesi siano, in misura maggiore o minore, legate alle dottrine filosofiche e spirituali che nel tempo si sono sovrapposte, senza peraltro mai elidersi, nella cultura dell’Arcipelago: shintō, confucianesimo, buddhismo. Benché il confucianesimo non sia propriamente una religione, in quanto Confucio, a domanda diretta, rispose che gli esseri umani devono occuparsi delle faccende terrene e non dell’esistenza di spiriti o dèi, il suo ideale di ordine sociale, rispetto delle regole e promozione del bene comunitario trovano espressione nel Kōdōkan Jūdō del Maestro Kanō il quale, sarà bene ricordarlo poiché sono in pochi a parlarne, preferendo altre nugae misticheggianti, aveva un padre confuciano ed era stato cresciuto in tale ottica. Delle relazioni fra il buddhismo e le arti di combattimento si è scritto molto, ancorché non sempre a proposito. Vale la pena di menzionare i monaci guerrieri della setta Tendai che nel medioevo giapponese scendevano dal Monte Hiei per portare scompiglio nella Capitale, ma è fuor di dubbio che, fra tutte le confessioni buddhiste, lo zen vanti l’influenza maggiore sulle arti di combattimento. Tutti ormai conoscono Miyamoto Musashi e il suo rapporto con il maestro zen Takuan Sōhō, a sua volta confidente di Yagyū Munenori, al quale dedicò il Fudōchi shin’myōroku, oppure, in tempi più recenti, Yamaoka Tesshū e il suo cammino zen. Ancora oggi i praticanti di kendō inziano e finiscono l’addestramento con le mani nella posizione zen. Non bisogna dimenticare, benché sia meno noto, che la scuola Kitō ryū di jūjutsu ricevette il suo nome proprio da Takuan Sōhō, il che, oltre a negare automaticamente l’affermazione di chiunque volesse vedervi insegnamenti esoterici e misterici, stabilisce un nesso, anche se flebile, fra il Kōdōkan jūdō e lo zen. Tuttavia, fedele alla forma mentis confuciana, il Maestro Kanō fu di assoluto rigore nel mantenere il Kōdōkan jūdō scevro da qualsiasi riferimento confessionale, intendendolo come disciplina squisitamente laica. Come illustrato dal libro Lo zen e l’arte del tiro con l’arco, vi è una chiara relazione fra il kyūdō e il pensiero e la pratica zen, e perfino il fondatore dello Shōtokan karate, Funakoshi Gichin, aveva compiuto studi in materia di zen.
Abbiamo così raccolto le maggiori esperienze di arti di combattimento “moderne”, per così dire, di origine giapponese: kendō, kyūdō e Kōdōkan jūdō, e illustrato le rispettive influenze: zen per le prime, confucianesimo per la seconda.
Resta da indagare la terza e più antica religione giapponese, lo shintō, e il suo rapporto con le arti di combattimento.
Non è infrequente trovare scuole di bujutsu antico i cui maestri affermassero di avere ricevuto istruzione in sogno da parte di una entità sovraumana. Secondo la leggenda, l’eroe nazionale giapponese, Minamoto no Yoshitsune, deve la sua abilità in combattimento all’addestramento ricevuto dai tengū nella selva di Kurama. Altre scuole famose, come il Kashima e il Katori shintō ryū, avanzano pretese simili, ma a differenza della storia di Yoshitsune, dove a fornire istruzione sono entità mitologiche di livello relativamente basso, nel caso del Katori shintō ryū si tratta di un kami 神.
Il kami è un concetto di difficile definizione ma permeante buonissima parte della cultura giapponese, talvolta affine all’idea di nume tutelare, talaltra più vicina a quella degli dèi della Grecia antica. I kami sono innumerevoli, e ciascuno possiede quattro “anime”, per così dire. Le due principali sono il Nigimitama 和御霊, pacifica, e l’Aramitama 荒御霊, tempestosa e potenzialmente malevola. I kami dimorano in qualunque aspetto del mondo sensibile, dalle rocce agli alberi, dai fiumi agli animali, e sono ritenuti in grado di possedere gli esseri umani in un fenomeno che è detto kamigakari 神懸かり (letteralmente, “applicarsi del kami). I kami sono inoltre capaci di provocare un’afflizione variabile che va dal malessere temporaneo alla morte, e in questa veste vengono chiamati tatarigami 祟り神.
Come anche nello sciamanesimo siberiano, che è il suo antesignano, buona parte dello shintō consiste nel compiacere i kami o nel placarli, alla bisogna, tramite adeguati riti di offerta e purificazione. Lo shintō è preoccupato del rapporto fra essere umano e kami, cioè, in buona sostanza, fra essere umano e mondo naturale.
La contiguità dei kami con il genere umano può essere incentivata ad arte: proprio come nello sciamanesimo, lo shintō, in special modo quello antico, prevedeva una serie di riti e tecniche volti a “invitare” la presenza di un kami nel corpo di un medium, solitamente una donna, in modo tale che un tramite, solitamente un uomo, potesse trarne auspici o divinazioni. Occult Japan, uno dei primi studi sull’occultismo giapponese a opera di Percival Lowell, afferma chiaramente che le donne, in particolare quelle giovani, sono più predisposte al kamigakari, ed è questa l’origine storica della figura della miko 巫女. Il kamigakari può essere spontaneo o indotto, e in questo caso viene chiamato chinkon kishin 鎮魂帰神, letteralmente purificare (la propria) anima e far tornare il kami (dentro di sé). Alcune pratiche ascetiche, come i lavacri purificatori di acqua fredda (misogi禊) o la privazione di sonno sono riconosciuti come efficaci nell’incentivare lo stato di coscienza adeguato alla possessione da parte di un kami. Una volta che questi ha preso dimora nel corpo di un medium, può essere interrogato e rispondere alle domande che gli vengono poste.
Dal punto di vista meramente teologico, lo shintō è una religione atipica perché non riconosce un fondatore, non ha comandamenti, non ha libri sacri, eccezion fatta per il Kojiki, che è però una raccolta di miti e non una rivelazione divina. È coevo della cultura giapponese e si è evoluto con essa, inglobando man mano influenze ora daoiste, ora buddhiste. Questa sua duttilità, data dalla mancanza di un dogma, lo rende potenzialmente molto più permeabile di altre religioni organizzate alle derive di individui stravaganti, ed è precisamente questo il caso del Giappone pre-guerra, nel quale iniziano a fiorire una serie di culti settari che condividono una serie di precise caratteristiche.
Per incredibile che possa sembra, questa è l’origine dell’aikidō.
1.
Ki, energia e altre facezie
Una premessa doverosa: a ognuno sono riconosciute le proprie legittime opinioni in materia di politica, religione etc, perciò quello che faremo qui sarà esclusivamente questo: esercitare il nostro diritto all’espressione delle nostre opinioni, e sottolineiamo opinioni, ancorché debitamente motivate.
Una di queste opinioni è che vi sia la tendenza, nell’ambiente delle arti di combattimento, a trattare determinati concetti e determinate idee in maniera strettamente letterale, un po’ come certuni fanno con l’interpretazione letterale della Bibbia. Così come, con tutto il dovuto rispetto, abbiamo sufficiente fiducia nella scienza da non poter credere che l’universo o la Terra furono creati in sette giorni, ne abbiamo altrettanta per non credere che sia possibile proiettare energia dal proprio corpo e far cadere un avversario senza toccarlo. Lo abbiamo visto fare, naturalmente, ma era in televisione e si usavano spade laser e salti nell’iperspazio.
Ci riserviamo di trattare approfonditamente di cosa si intenda in giapponese con la parola “ki気”, e di come questa sia da intendere diversamente da come una certa visione orientalista dell’Asia ama dipingerla, cioè qualcosa di molto simile alla “forza”, ma fino a prova contraria, la consideriamo una immotivata concessione all’immaginazione più fervida.
Ciò detto, vi è una disciplina in particolare che ha fatto del “ki 気” e della sua gestione la propria ragion d’essere, e fin qui niente in contrario. La domanda che ci siamo fatti è: si conosce cosa c’è dietro questa disciplina, quali sono i suoi fondamenti teorici e, soprattutto, che sorta di persone erano coloro che contribuirono, direttamente o indirettamente, a farne ciò che è?
Per rispondere adeguatamente alla domanda occorre prendere in esame i culti settari del Giappone pre-guerra, che si possono in senso lato definire shintō in quanto parlano di kami, ma che se ne discostano per assumere tutte le caratteristiche tipiche dei culti settari moderni:
- Essere guidati da un leader carismatico
- Avere una visione teleologica apocalittica che includa la profezia di una, o una serie, di imminenti catastrofi naturali che precedono la rifondazione del mondo
- Affermare di avere ricevuto una rivelazione direttamente da una fonte divina
- A queste tre si sommano le caratteristiche tipiche dei culti settari giapponesi:
- Avere un leader che afferma di essere l’incarnazione di una divinità
- Avere un leader che afferma che la sua missione è stata rivelata dalla divinità, che possiede fisicamente l’ospite a seguito di un periodo di malattia debilitante con perdita di coscienza. (kamigakari)
- Avere purezza e le capacità taumaturgiche al centro del proprio sistema di pensiero
2.
Tenrikyō
E’ un culto settario fondato da Nakayama Miki (1798 – 1887) che combina elementi del buddhismo e del cristianesimo con un sostrato di pratiche e rituali shintō. Secondo la biografia ufficiale, la fondatrice divenne “il tempio di Dio” nel 1838, a quarant’anni, durante un esorcismo sciamanico, dedicandosi poco dopo alla fondazione di una nuova religione e alla propagazione dei suoi insegnamenti. Atipicamente, il Tenrikyō non vede il mondo minacciato da una catastrofe incombente, ma afferma che l’umanità ha avuto origine a Tenri, nei pressi di Nara, dove Nakayama Miki nacque, e che ella era in effetti la manifestazione fisica della volontà di dio e che, a fronte di una sincera devozione, è possibile diventare “pilastri della comunità”, o 用木, cioè individui in grado di eseguire il rituale dello osazuke おさづけ, tramite il quale si invoca l’intervento divino per la guarigione da una malattia o altra afflizione.
4.
Oomoto kyō
Oomoto kyō 大本教, abbreviazione di Kōdō Oomotokyō 皇道大本教, è la denominazione di una filiazione settaria derivata dal Kongō kyō ad opera di Deguchi Nao e Deguchi Onisaburō (1871 – 1948). Oomoto kyō si caratterizza per un massiccio uso di pratiche divinatorie e medianiche e per l’assunto, sul quale si basa la propria teologia e che contraddice in pieno lo shintō templare e il suo antecedente, lo shintō di Stato, secondo il quale i kami venerati dallo shintō di Stato, e in particolare Amaterasu Oomikami, progenitrice della linea imperiale, non sono i kami responsabili della fondazione del Giappone, ma li hanno invece spodestati nel corso del kuni yuzuri.
La mitologia giapponese sulla quale si basa lo shintō e delineata nel Kojiki e nel Nishonshōki, ha una curiosa cosmogonia che si identifica unicamente con la fondazione del Giappone. Questo avviene ad opera dei kami Izanagi e Izanami, fratello e sorella, appartenenti alla cosiddetta Stirpe Celeste (Amatsukami 天津神) che generano fisicamente le isole dell’arcipelago giapponese. I figli di questa coppia sono tre: Tsukinoyomi no mikoto, Susanoo no mikoto, Amaterasu Oomikami. Dopo essere fondato, il Giappone deve essere colonizzato, e dunque strappato a coloro che, in un modo che il Kojiki non chiarisce, vi si sono già stabiliti. Questi ultimi appartengono alla Stirpe Terrestre (Kunitsukami 国津神). I dissapori fra Susanoo no mikoto e Amaterasu Oomikami si risolvono con la cacciata del primo dalla Piana Celeste (Takamanohara 高天原), il suo arrivo nell’arcipelago e il suo unirsi ai kunitsukami. Il tentativo di colonizzazione e la relativa resistenza culminano nello scontro corpo a corpo fra Takemikazuchi no mikoto e la controparte, che registra la vittoria del primo e innesca il processo del Kuni yuzuri, cioè della “cessione della nazione”.
Oomoto kyō ha una fama piuttosto sinistra, che include ben due incursioni repressive, nel 1921 e nel 1935, da parte delle forze del governo giapponese seguite da decine di arresti e a cui fecero seguito processi per lesa maestà e pene detentive di una certa importanza.
La fondatrice dell’ Oomoto kyō, Deguchi Nao, risponde a una serie di criteri costanti fra i fondatori di sette religiose in Giappone: scarsa istruzione, iniziali problemi economici, subitanea esperienza religiosa e missione messianica di origine divina. Deguchi Nao diviene prima fedele, poi maestra di Kongō kyō, a seguito di una serie di rovesci economici che ne lasciano la famiglia in estrema povertà. La sua deriva mistica inizia in età relativamente avanzata con un periodo di malattia debilitante, durante il quale rimane incosciente per lunghi periodi di tempo. Subentra quindi il fenomeno della scrittura automatica. La sua agiografia parla di un episodio nel corso del quale, raccolto un chiodo, incise su un pilastro kanji che, in quanto illetterata, non avrebbe potuto conoscere. Curiosamente, si tratta della stessa argomentazione offerta da taluni apologeti dell’Islām, i quali fanno notare che il Profeta, analfabeta quale era, non avrebbe potuto comporre nell’elegante arabo classico delle Surat. In effetti, la gran mole di testi in scrittura automatica che lasciò è scritta in hiragana, il che ne complica notevolmente l’interpretazione e offre il destro per letture “personalizzate” del suo messaggio. Il fenomeno di possessione di Deguchi Nao è inusitatamente duraturo e viene a essere considerato opera di un tatarigami 祟り神, un kami la cui anima tempestosa, aramitama 荒御霊, affligge un essere umano. L’incontro con Deguchi Onisaburō, malgrado la reciproca reticenza iniziale, sfocia nella fondazione di una nuova corrente religiosa che combina la “scrittura automatica sotto dettatura del kami” (ofudesaki 御筆先) di Nao, con le tecniche di induzione di possessione da parte di un kami (chinkon kishin 鎮魂帰神), che Onisaburō aveva studiato presso Honda Chikaatsu. Questo porta un elemento di novità in quanto Nao afferma non solo di avere una missione di origine divina, legittimata da una esperienza religiosa, ma di essere nientemeno che la manifestazione fisica di Amaterasu Oomikami, che sarebbe, a suo dire, un kami maschio in un corpo di donna.
6.
Deguchi Onisaburō
Egli afferma, parallelamente a quanto sostenuto da Nao, di essere la manifestazione fisica di Susanō no Mikoto, a suo dire un kami femmina nel corpo di un uomo. Malgrado l’ Oomoto kyō rimanga nominalmente guidato da una discente femmina di Deguchi Nao, Onisaburō comincia a essere chiamato “santo maestro” 聖師, e arriva a rivendicare per sé un ruolo messianico e salvifico di primo piano. Un esempio vale su tutti: l’atto di iscrizione della terza di figlia di Onisaburō reca, alla voce “professione del padre”: rimodellatore del mondo.
八紘を掩うて宇と為さんHakkō wo ooute ie to nasan,“coprirò le otto direzioni e ne farò la mia dimora”.
- L’uso dell’esperanto e
l’evemerizzazione del suo ideatore, venerato come un kami.
- La credenza, ora solidamente
disputata dalla moderna geologia e dalla scoperta della tettonica a
placche, nelle affermazioni del colonnello inglese James Churchwood in
merito all’esistenza del Continente di Mu, del quale il Giappone sarebbe
l’ultima propaggine superstite, patria di una civiltà avanzatissima che si
sarebbe poi dispersa dopo l’inabissamento della massa terrestre per
fondare le civiltà Maya ed Egizia, costruttrici di Piramidi. La moderna
indagine genetica dimostra piuttosto chiaramente, se non fosse di per sé
già evidente ad una prima indagine somatica, che teorie del genere sono
tutt’al più romantiche sciocchezze campate per aria.
- La fiducia nei cosiddetti
Documenti Takenouchi (vai alla pagina). Si tratta di una serie di testi redatti, stando alla
versione ufficiale della famiglia che li detiene, nella scrittura
dell’Epoca dei Kami (vai alla pagina), la quale venne rivelata come falso clamoroso durante il processo del 1930 per lesa maestà contro la setta Amatsukyō, che aveva contraffatto le proprie scritture usando caratteri simili. I Documenti Takenouchi raccontano
delle origini extraterrestri del genere umano, e in particolare di come
gli esseri umani esistessero originariamente in cinque colori: bianchi,
neri, gialli, marroni e blu. I blu, purtroppo, sono spariti nel corso del
tempo. Gli originali dei Documenti Takenouchi vennero, si
suppone, confiscati dal Governo per essere poi perduti nelle fiamme
durante i bombardamenti aerei nel corso della guerra. Quello che ne rimane è la
copia, tradotta in giapponese corrente, che la famiglia Takenouchi
conserva in un tempio della prefettura di Ibaraki. Un estratto dalla
pagina in inglese sarà sufficiente per dare un'idea del livello della
discussione:
The historical facts recorded in the Takenouchi Documents are extraordinary. Among them are the Sumera-Mikoto came to Earth from a higher world on Ameno-ukifune, the world government was located in Japan and the Sumera-Mikoto unified the world. The great holy masters of the world, Moses, Jesus, Mohammed, Shakyamuni Buddha, Confucius and Lao-Tsu were born from the five-colored races which branched off from the Japanese race and all went to Japan for study and training. These facts may seem absurd and contrary to our prevailing understanding of world history. However, the archeological research of recent years has gradually revealed the true existence of ultra ancient civilizations which are all mentioned in the Takenouchi Documents."I fatti storici registrati nei Documenti Takenouchi sono straordinari. Fra di essi si trova (che) Sumera Mikoto venne sulla Terra da un mondo più elevato a bordo della Ameno ukifune (nave spaziale), che il governo mondiale era localizzato in Giappone e che Sumera Mikoto unificò il mondo. I grandi santi maestri del mondo, Mosè, Gesù, Mohammed, Il Buddha Shakyamuni, Confucio e Laozi nacquero dalle razze di cinque colori che derivarono dalla razza giapponese e tutti loro si recarono in Giappone per studio e addestramento. Questi fati possono sembrare assurdi e contrari alla nostra prevalente comprensione della storia mondiale. Tuttavia, la ricerca archeologica degli anni recenti ha gradualmente dimostrato la vera esistenza di civiltà ultra antiche che sono tutte menzionate nei documenti Takenouchi."
7. Altra
gente coinvolta
- 浅野和三郎 Asano Wasaburō (1874
– 1937) padre del Movimento Spiritualista giapponese, che cercava di
indagare attraverso mezzi fisici, quali sedute spiritiche, fenomeni di
possessione, scrittura automatica, divinazione a mezzo di tavolo oujia
etc, il mondo spirituale.
- 谷口雅春 Taniguchi Masaharu (1893
- 1985), fondatore del Seichō no ie 生長の家, o “casa della crescita”.
Allievo del ministro di Religious Science Fenwicke Lindsay Holmes, affermò
di avere avuto una esperienza religiosa di origine divina seguita dalla
guarigione della propria figlia malata.
- 中野与之助 Nakano Yonosuke, membro della spedizione mongola
di Deguchi Onisaburō
- 岡田茂吉 Okada Mokichi (1882 – 1955)
fondatore della Chiesa Messianica Mondiale e da essa riverito con il
titolo di Signore della Luce (meishū sama). E’ inoltre l’iniziatore
del jōrei, una forma di medicina alternativa simile al reiki,
i cui praticanti affermano di usare una luce divina che irradiano dal
palmo della mano per dissolvere le impurità spirituali che sono la causa
di tutto ciò che affligge l’essere umano.
- 友清歓真 Tokomiyo Yoshisane (1888
– 1952) fondatore della setta Shintō tenkō kyo. Nel 1919 entra nella setta
Oomoto su presentazione di Asano, ne viene espulso per mancata aderenza
alle regole di Deguchi Onisaburō, studia quindi Reigaku con Nagazawa,
allievo di quel Honda che aveva istruito Onisaburō, e scrive un libro di
denuncia contro l’Oomoto kyō prima di fondare la propria religione basata
anch’essa sul chinkon kishin.
- 植芝盛平 Ueshiba Morihei (1883
– 1969). Vedi capitolo apposito, ma ricordiamo qui che era fra quelli che
accompagnò Deguchi Onisaburō in Mongolia per fondare un magico regno
utopico, a seguito dell’affermazione di Onisaburō di essere la
reincarnazione di Genghis Khan, finendo per essere catturati e rischiare
la morte per fucilazione.
- 内田良平 Uchida Ryōhei (1837
– 1937). Politico ultranazionalista, fautore della teoria del
pan-asianismo, secondo la quale l’Asia doveva essere unificata sotto la
guida benevola del Giappone. Allievo del fondatore della società segreta
Gen’yōsha, Tōyama Mitsuru, un gruppo di estrema destra che lavorava, con
mezzi che andavano dall’intimidazione allo spionaggio, dagli omicidi
politici alle azioni di sabotaggio, per l’espansione economica e militare
del Giappone nel continente asiatico, fondò a sua volta della Società del
Drago Nero, un gruppo paramilitare che propugnava una aggressiva politica
militare contro la Russia e la Cina e del quale facevano parte membri
influenti delle forze armate.
- 石原莞爾 Ishikawa Kanji (1889
-1949) Generale dell’esercito responsabile, insieme a Itagaki Seishirō,
dell’incidente di Mukden, che offrì all’Esercito Giapponese il
casus belli per ordinare una invasione su larga scala che portò
all’occupazione della Manchuria e all’istituzione dello stato fantoccio
del Manchukuo
- 日野強 Hino Tsuyoshi Ex
militare di carriera, grazie al quale Deguchi Onisaburō guadagnò accesso
ai circoli militari.
- 名田音吉 Nada Otokichi Uno dei fedeli che accompagnò
Deguchi in Mongolia.
- 盧占魁 Rōsenkai. Bandito mongolo capo di una banda di
predoni a cavallo ai quali Deguchi si appoggiò durante la sua permanenza
in Mongolia, giustiziato dopo la cattura di Deguchi e dei suoi seguaci.
- 張作霖 Zhāng
Zuòlín (1875 -1928) signore della guerra mancese al soldo dell’esercito
giapponese, capo di un tentativo di invasione della Cina.
- 板垣征四郎 Itagaki Seishirō (1885
– 1948), generale dell’Esercito giapponese e ministro della guerra,
giustiziato tramite impiccagione per crimini contro l’umanità.
- 久原房之助 Kurahara Fukunosuke(1869 – 1965) , uno dei fondatori della Lega della Dieta a Sostegno della Prosecuzione della Guerra Santa, un gruppo di pressione in seno al Governo giapponese il cui scopo non richiede ulteriori delucidazioni.
Ueshiba Morihei, al pari di Deguchi Nao e Deguchi Onisaburō (Oomoto kyō), Nakayama Miki (Tenrikyō) e Kawate Bunjirō (Konkō kyō), e a differenza di altri come, ad esempio, il Maestro Kanō, ha una educazione estremamente basilare e passa la propria giovinezza a mettere in piedi una impresa economica dopo l’altra, nessuna delle quali di successo. La sua passione per l’agricoltura e le sue qualità organizzative lo convincono ad approfittare degli incentivi statali, costituire un gruppo di pionieri e recarsi nel 1912 in Hokkaidō, all’epoca ancora largamente abitato dagli Ainu, per fondare una colonia a Shirataki
Nello stesso anno, stando a quanto afferma Ueshiba Kisshomaru, suo padre, subito dopo avere sconfitto in duello un ufficiale delle forze armate,
I felt the universe suddenly quake, and that a golden spirit sprang up from the ground, veiled my body, and changed my body into a golden one. At the same time my body became light. I was able to understand the whispering of the birds, and was clearly aware of the mind of God, the creator of the universe. At that moment I was enlightened: the source of budō is God's love – the spirit of loving protection for all beings
"Sentii l'universo scuotersi improvvisamente, e uno spirito dorato sorse dalla terra, velò il mio corpo, e trasformò il mio corpo in un corpo d'oro. Allo stesso tempo, il mo corpo divenne luce. Ero in grado di comprendere i sussurri degli uccelli, ed ero chiaramente consapevole della mente di Dio, il creatore dell'universo. In quel momento fui illuminato: la fonte del budō è l'amore di Dio - lo spirito di protezione amorevole di tutti gli esseri..."
Sfortunatamente non possediamo l'originale giapponese e non possiamo dunque verificare l'attendibilità della versione inglese, ma anche basandoci unicamente su quest'ultima emergono una serie di dati importanti: in primis, fra tutti i colori possibili lo "spirito" del quale parla Ueshiba è "dorato" 金 e trasforma il suo corpo in "luce" 光, guarda caso i due elementi dell'insegnamento Konkōkyō 金光教 dal quale l'Oomoto kyō deriva. L'uno come l'altro hanno il kami Konjin 金神 al centro della propria teologia. Perciò, quello che effettivamente sta dicendo Ueshiba è di essere divenuto egli stesso Konjin, tant'è che è "chiaramente consapevole della mente di Dio", ammesso che questo sia mai possibile, e comprende "i sussurri degli uccelli", il che, come spiegato bene da René Guenon, è una metafora usata nella mistica occidentale per riferirsi alla comunione con Dio, il che attesta la situazione di assoluto melange della dottrina Oomoto kyō e la nonchalance con cui Deguchi Onisaburō pescava a piene mani da qualunque fonte attingendo ciò che riteneva opportuno aggiungere al proprio insegnamento.
C'è un pericolo evidente nascosto in affermazioni simili, e nella traduzione dal giapponese all'inglese che offusca ad arte la realtà dei fatti: prendere le parole di Ueshiba e intrepretarle come espressione dei sentimenti di amore more incondizionato della civiltà occidentale. Le cose non stanno così.
Data la sua nota associazione con personaggi equivoci del mondo settario e con esponenti di spicco dell'estrema destra giapponese, "pace" e "armonia universale" vanno letti nel contesto dello happō tōitsu 八方統一, dove il Giappone regna benignamente sul resto delle nazioni sottomesse.
C'è infine un ultimo punto che ci preme sviluppare. Risulta che intorno al 1927 Kanō Jigorō fece visita a Ueshiba, e ci sono tutta una serie di opinabili dicerie riguardo alla supposta affermazione di Kanō "questo è vero jūdō", in riferimento agli insegnamenti di Ueshiba. Se è così, sembrerebbe logico aspettarsi una stretta collaborazione fra Kanō e Ueshiba, invece, curiosamente, Ueshiba non entrò a far parte del Dai Nippon Butokukai, della cui sezione jūjutsu Kanō era presidente, fino al 1940, due anni dopo la morte del Maestro Kanō, fondando invece una propria associazione parallela, Kōbukai 皇武会, che significa a grandi linee "associazione militare imperiale", e che nasconde l'ennesima dimostrazione dell'affiliazione di Ueshiba alla dottrina di Deguchi Onisaburō: questa infatti era denominata, per esteso, Kōdō Oomoto kyō 皇道大本教 , cioè Dottrina della Grande Origine della Via Imperiale. Ora, poiché né Deguchi né Ueshiba avevano alcun legame con la famiglia imperiale giapponese, e data l'insistenza di Deguchi Onisaburō nel sostenere che i kami che crearono il Giappone non erano gli antenati della famiglia imperiale, ma erano da questi ultimi stati rovesciati, è chiaro che Ueshiba non si riferiva all'imperatore Shōwa all'epoca regnante, ma all'imperatore così come ne parlava Deguchi Onisaburō, cioè Deguchi stesso.
8. In sostanza
9. Conclusioni
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