Uno studio sulle specifiche caratteristiche del budō giapponese attraverso la sua trasformazione in cultura
Inizio
Chi scrive ha cercato di analizzare il kokoro[1] del budō giapponese dal punto di vista della cultura spirituale sotto i seguenti due profili: per prima cosa, per quanto un fenomeno culturale possa subire un processo di cambiamento nel corso del tempo, se non ha un punto immodificabile, cioe’ un “nucleo”, non si trasforma ne’ dà origine a un cultura dotata di caratteristiche particolari. Inoltre, penso che questo “nucleo”, determinatosi in diversi fenomeni culturali, costituisca la vera natura della cultura popolare, e estenda la sua influenza sul popolo in maniera duratura.
Come cultura spirituale, il kokoro del budō ha il suo nucleo nello Shintō[2] (la Via della Natura), che costituisce la pietra di fondamento della antica cultura agricola del Giappone, e sincretizzando elementi del Confucianesimo, del Buddhismo e del Daoismo, a sua volta entro una lunga trasformazione storica, è stato sviluppato e perpetuato mescolando varie caratteristiche. Inoltre questo “nucleo”, dato dallo Shintō (la Via della Natura) che costituisce la pietra di fondamento della cultura agricola del Giappone antico, definisce vari fenomeni culturali, è la vera natura della cultura popolare e estende la sua influenza sul popolo in maniera duratura.
Il presente testo è uno studio basato sull’indagine delle caratteristiche specifiche del budō giapponese summenzionato, in merito allo sviluppo del budō giapponese come cultura.
Metodo di ricerca
Chi scrive intende enfatizzare che lo Shintō è una sensibilita’ culturale e popolare che è stata coltivata e tramandata come intuizione culturale, formale e soggettiva all’interno della cultura popolare
In questo articolo, partendo dai due punti di vista suesposti, vengono ricercate le caratteristiche specifiche visibili nello Shintō (la Via della Natura), che è alla base della cultura contadina del Giappone antico, all’interno della formazione del budō giapponese come cultura, e la relazione fra queste caratteristiche e le caratteristiche delle procedure di istruzione/iniziazione, l’organizzazione dell’addestramento e l’organizzazione tecnica del budō giapponese.
Risultati e analisi
1. Lo Shintō come pietra di fondamento della cultura contadina.
La cultura umana è nata come cultura popolare la cui misura è il popolo, ed e’ un concreto fatto culturale che, malgrado le esperienze di contatto con altre culture, ognuna si sia sviluppata come cultura individuale.
Vi sono due grandi filoni in queste culture. Il primo è chiamato, in storia culturale, “culture della pastorizia e allevamento”, è la fonte delle culture europee e americana ed è caratterizzato dalla tendenza a considerare soprattutto il mondo fisico, ciò che è visibile, e l’aspetto materiale dell’essere umano (corpo).
Le modalità di indagine in questo caso consistono nell’osservazione oggettiva dei fenomeni esterni, scevra da soggettivismo, le proprietà dell’ “oggetto”, e nell’ottenere risultati tramite la suddivisione in vari campi specifici, la valutazione scientifica e l’investigazione scientifica del rapporto di causa e effetto fra quell’oggetto e altri oggetti.
L’altro filone è chiamato, in Storia Culturale, “cultura agricola”. È la fonte delle culture asiatiche, considera un incredibile mistero il cosa sia l’essenza della coscienza del Se’ ed è caratterizzato dalla tendenza a considerare soprattutto l’aspetto spirituale dell’essere umano (kokoro) e il mondo il cui valore non è visibile a occhio nudo (kami[3] e buddha[4] ).
In questo caso le modalita’ di indagine sulla verità consistono nell’ottenere risultati chiudendo gli occhi, valutare tramite l’istinto, naturalmente, i fenomeni del mondo interno che sono dentro il Se’, nella riflessione istintiva e nello studio, che viene abbreviato in shidō 至道[5] su ciò che è la vita umana.
Lo studio è definito come la ricerca della verita’ , e la verità è definita come ciò che resiste alla prova concreta. La verità ha due sviluppi, oggettivo e soggettivo, così come esistono prove concrete oggettive e soggettive.
La verità ricercata dai popoli pastori è una verità oggettiva, definita tramite prove concrete oggettive.
D’altra parte la verità ricercata dalle civiltà agricole è una verità soggettiva, ed è definita da prove soggettive ottenute tramite l’addestramento spirituale.
Durante l’epoca Meiji[6] questo studio venne chiamato kyōgaku[7] , per distinguerlo dalla scienza occidentale. Esso aveva al centro il pensiero dell’antico Shintō giapponese e indicava lo studio come la ricerca della verità del kokoro. Okuda Katsuko afferma che “ quella ricerca nello Shintō prende il nome di shinshin[8], nel Confucianesimo quella di shisei[9] , nel buddhismo quello di busshin[10]”. La ricerca dello shinshin è ottenibile da chiunque tramite l’introspezione sull’individualità del proprio kokoro. Se studiano accuratamente, diecimila persone arrivano a qualcosa di universalmente condiviso, in altre parole. Se si conduce una vita comunitaria nello stesso ambiente, vivendo e lavorando per lungo tempo in una comunione di ideali, pensiero e sentimenti, ecco il kokoro condiviso che forma il Se’. Insomma nella vera natura dell’essere umano, una volta lasciato ciò che ottenebra il kokoro e divenuto esso calmo e stabile[11] , e’ che ciascuno puo’ studiare e apprendere il medesimo kokoro. Cioè , lo studio del kokoro è lo studio che serve alla formazione e alla realizzazione dell’essere umano. Questo viene quindi trasmesso senza l’uso di spiegazioni verbali, “da cuore a cuore[12]” , e il modo migliore è studiare sotto la guida di un maestro, e attraverso i gesti e le parole del maestro farsene toccare il cuore. A questo punto, poiché non è possibile apprendere se il proprio kokoro e’ obnubilato o impuro, il cuore veniva purificato attraverso uno dei riti più importanti dello Shintō, chiamato misogi. Quando si fa visita a un santuario ci si sciacqua la bocca e si lavano le mani con l’acqua pura dell’otearai[13] , ma questo è in realta’ un procedimento per purificare lo spirito attraverso la pulizia del corpo. Quindi, come dice l’espressione “sistemarsi le maniche”, compiendo prima le azioni che sono visibili, lo shinshin invisibile viene “invitato” e trasmesso.
Okuda afferma che “questo nello Shintō viene chiamato kōden[14] ed è perciò stesso il più grande insegnamento dello Shintō”.
Inoltre, il nostro paese è una terra di isole che si trova vicino all’Asia orientale, dove lungo il litorale si alternano correnti di acqua calda e fredda. Di conseguenza, l’ ambiente e il clima dolci dati dalla complessa interazione fra le condizioni continentali e quelle oceaniche, l’agricoltura è divenuta l’occupazione fondamentale. La quale si caratterizza per l’avvertire sentimenti acuti e delicati nei confronti della natura, la dolcezza nelle cose piccole, il vederne la profondità, e un cuore che ricerca la costanza.
Cercherò di collegare quanto espresso sopra allo sviluppo del budō come cultura.
2. Lo sviluppo del budō giapponese come cultura
La cultura tradizionale del budō, la cui pratica si è recentemente diffusa, consisteva originariamente nelle tecniche di combattimento per abbattere[15] l’avversario e garantire la propria incolumità. Inoltre, il bujutsu comprensivo trattava delle tecniche di combattimento da usare sul campo di battaglia: montare a cavallo in armatura pesante, con elmo e armatura, scoccare frecce, maneggiare la lancia[16] e l’alabarda[17] , incrociare le spade, lottare e sottomettere.
Tuttavia, l’equipaggiamento pesante, che dipendeva dalla forza di movimento del cavallo, e il lungo taitō[18] si modificarono in armamento leggero e lame corte all’avvento dei moschetti. Questo bujutsu che faceva affidamento sulla forza delle proprie braccia per maneggiare la spada lunga si sviluppo’ in kaisha kenjutsu[19] , quindi in suahada kenjutsu[20] senza armatura e nacque la base per la tecnicizzazione[21] .
Si dice che movimenti utilitaristici, tecniche il cui scopo era ferire o uccidere in combattimento, si allontanarono dall’utilitarismo e divennero attività ritualizzate dotate di valore dal punto di vista della società umana, facendosi cultura. Insomma, il perfezionamento nella tecnica è giunto a possedere i caratteri culturali della consapevolezza di se’ e dell’elevazione del se’ dal punto di vista umano.
Vediamo i periodi importanti per la formazione del budō come cultura.
Fenomeni come crebbero come forme di culto dei kami e di combattimento. Si dice che il kisha[22] si costituì come cultura all’inizio del XIV secolo, l’equitazione dalla fine del XIV all’inizio del XV secolo, mentre altre si svilupparono piu’ o meno dalla fine dell’epoca Muromachi[23] all’inizio dell’epoca moderna. La ragione per la quale il tiro con l’arco e l’equitazione sono divenute culture prima di altre è che si sono sviluppate per prime, e inoltre, dice Kimura, “ il tiro con l’arco e l’equitazione sono riusciti e competere sufficientemente in quelle capacità senza puntare all’attacco del corpo umano”.
Al fine di sviluppare il budō come cultura, era necessario che il bujutsu generico si differenziasse in branche, e facessero la loro comparsa uomini straordinari. Per esempio, Iinsaza Ineo, Aishima Ikōsai, Chūjō Nagahide, Kamiizumi Isenokami, Tsukahara Bokuden, Yagyū Munenori, Miyamoto Musashi, Ono Tadaaki e per la spada, Ōuchi Muhen, Saburi Shigetaka, Hōzō Inei, Takada Yoshitsugu per la lancia, Ogasawara Sadamune per l’arco. Uomini che non erano solo esperti loro stessi, ma che hanno anche lasciato successori eccezionali.
La superiorità della tecnica era testimoniata solo dalla vittoria, e tanto per la costituzione delle scuole che per la loro conservazione e il loro sviluppo c’è stato bisogno, oltre che di padri fondatori geniali, di maestri ed esperti. Tecniche di alto valore vennero esaminate da questi grandi maestri, per apprendere le quali era necessario un’istruzione specializzata e un lungo e continuativo addestramento, e vennero organizzate la sistematizzazione delle tecniche, delle pratiche di insegnamento e di iniziazione.
I kata vennero stabiliti come sistematizzazione graduata e concentrata della quintessenza della tecnica. I kata sono il concentrato dell’essenza, spogliata di ogni fronzolo e ornamento inutile, per rendere la tecnica il più possibile pertinente ed efficace.
Secondo Nakamura, i kata sono “ sia dal dal punto di vista dell’abilità che dal punto di vista della forma, quanto più si avvicina alla purezza e alla raffinatezza”. Inoltre, il carattere con il quale e’ scritto kata significa legalità e norma.
A proposito del kata Nishiyama afferma che “viene ristretto e impedito dalle regole e le convenzioni in merito all’esecuzione. Essere ristretti e’ una cosa negativa, ma in questo caso attenersi alle regole dalle quali si è ristretti e addestrarsi in questo modo porta a uno sviluppo più definito, migliore e più rapido.
Inoltre, tramite il kata che incorpora un’etichetta precisa, il mettere da parte l’ego, la ripetizione corretta, attraverso le tecniche dei maestri di quell’arte, esso viene trasmesso da cuore a cuore, dal contatto fra kokoro, da maestro ad allievo in modo soggettivo, tramite fattori istintivi come il kan[24] , per esprimere il quale la parola scritta e orale e’ pressoche’ impotente, vengono studiato lo spirito e la fede e ottenuta l’unificazione di cosa e idea, forma e il kokoro, corpo e kokoro. Insomma, studiare il kata significa studiare il kokoro.
In seguito al narai[25] , se la tecnica viene padroneggiata spariscono tanto la forza superflua che i movimenti non necessari e si manifesta un movimento pulito ed essenziale, per giungere infine al mushin[26] , muga[27] , munen musō[28] .
Studiare le caratteristiche particolari di ogni aspetto.
In merito alla concretezza della tecnica e all’essenzialità del movimento suesposta, l’ideologo del medio periodo dell’Epoca Meiji Fukunaga sosteneva che le caratteristiche della cultura giapponese si possono riassumere nella parola shibori[29] , e anche Takayama, che ha aggiunto studi tipologici sullo spirito popolare e sulla condizione psicologica inconsapevole di unità nascosta nella struttura profonda del popolo giapponese, sostiene che la sua caratteristica peculiare risieda nella purezza e nell’ essenzialita’. Il processo di purificazione, che ha reso utili cose complesse, è visibile nella pittura giapponese, nella poesia waka[30] e nello haiku, ma la caratteristica è una sola.
Inoltre tramite la preparazione spirituale che esiste grazie al narai, l’acquisizione dell’etichetta, l’abbandono dell’ego, la ripetizione corretta e diligente, il controllo severo del proprio io, l’insegnamento dei maestri e degli esperti, cioè il kata, entra naturalmente in noi come il riflesso si qualcosa in uno specchio. In più, grazie ad esso, tramite la forma di trasmissione secondo la quale “studiare il kata significa studiare il kokoro”,è possibile vedere la forma di trasmissione dello Shintō, cioe’ della Via della Natura che è alla base della cultura agricola. Si può anche affermare, con Lafcadio Hearn[31] , che “la logica dello Shintō segue completamente le usanze e le abitudini [della cultura giapponese n.d.T].
In merito alla condizione psicologica di mushin, Takuan[32] , nel Fudōchi shin’myōroku[33] porta come esempio Senju Kannon[34] . Perciò, citando il suo lavoro, elaborerò sul kokorogamae[35] espresso prima e, unendolo al mushin, sull’idea di Shintō unito da me sostenuta.
“Se Kannon ha mille braccia, e se il suo kokoro indugia nel brandire l’arco con una mano, le 999 braccia si muovono allo stesso modo. Se il suo kokoro indugia in un luogo, lì converge il movimento di tutte le sue braccia. Tutte le braccia di Kannon si muovono e agiscono all’unisono. Poiché ha “aperto il fudōchi[36] ”, benché abbia mille braccia, esse agiscono tutte all’unisono allo scopo di guidare gli esseri umani.
Se, volgendosi verso un albero, vi si trovasse una foglia rossa, il resto delle foglie diviene invisibile. Se si lascia correre lo sguardo su una foglia sola, senza prestare nessuna attenzione all’albero, apparirà come se nelle innumerevoli foglie non ne restasse alcuna. Se ci si lascia catturare l’attenzione da una sola foglia, non si potranno vedere le foglie rimanenti. Se l’attenzione non si concentra su una foglia sola, innumerevoli foglie saranno visibili. Coloro che hanno compreso questo, sono divenuti davvero come Kannon dalle mille braccia e dai mille occhi. Considerano ogni Via in questo modo. In special modo, la Via dello Shintō è così ”.
Afferma anche che, se si accumula addestramento spirituale e si raggiunge una condizione spirituale eccezionale, si ritorna alla condizione del principiante. Si può dire che questa condizione universale, la natura autentica dell’essere umano, è lo shinshin dello Shintō.
Cercando di raccogliere quanto detto finora: nei kata, nei quali è stata concentrata e strutturata la quintessenza delle tecniche, visibile nella trasformazione del budō giapponese in cultura, e di conseguenza nella strutturazione dell’insegnamento e dell’addestramento, nel kokorogamae di queste situazioni, nella purezza dei movimenti e nella condizione mentale dello studio sono visibili il sistema di trasmissione dello Shintō, come pietra di fondamento della cultura agricola giapponese, e il suo kokoro.
Conclusione
Essenzialmente gli insegnamenti più alti del budō della nostra nazione, come anche di altre arti, non possono essere spiegati per mezzo di parole, ma devono essere appresi “da cuore a cuore” e fatti propri per mezzo dell’addestramento pratico. Nel corso del processo di formazione del budō come cultura, i densho originari delle arti di combattimento, enumerate solamente le tecniche per mezzo di nomi di fenomeni naturali e del vocabolario specifico buddhista, in particolare Zen, mentre il significato e il contenuto venivano trasmessi a voce. In seguito, li espressero tramite parole prese a prestito dal confucianesimo, dal buddhismo e dal Daoismo, ma nella trasmissione formale e nel kokorogamae si puo’ riconoscere lo Shintō, la Via della Natura, che è il cuore del budō giapponese ricercato attraverso i kata.
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