Ju no kata ed energia dell'universo

 

Jū no kata

Il Jū no kata è un kata speciale. Il Maestro Kanō lo sviluppa nel 1887 come primo  tentativo di diffondere il Kōdōkan jūdō tramite la pratica di un esercizio adatto a tutti, in qualunque luogo e con qualsiasi indumento.


Ju no kata ed energia dell'universo, la pratica del ju no kata adatta a tutti
Ragazze impegnate nel Jū no kata

Insieme al Koshiki no kata e all' Itsutsu no kata, rimane di esclusiva pertinenza del Kōdōkan anche dopo l’inizio della collaborazione con il Dai Nippon Butokukai. In seguito, viene integrato nell’esercizio a coppia dell’Educazione Fisica del Popolo, nella sua forma jū-shiki.

In questo articolo troverai:

  • La spiegazione del significato di Jū nel Daoismo e nel jūjutsu
  • Riflessioni del Maestro Kanō sul Jū no kata
  • Un commento alla traduzione di Fondamenti del Judo circa il Ju no kata e l'energia dell'universo


Significato di jū: il Daodejing e il Sanryaku

I kata del Kōdōkan portano nel proprio nome l’indicazione di ciò che li caratterizza : 

  • il Nage no kata si riferisce alle proiezioni
  • il Katame no kata alle tecniche di controllo 
  • il Kime no kata alle tecniche con le quali ottenere la supremazia sull’avversario 

 

(Vuoi saperne di più? Il Kime no kata non è il kata della Decisione

 

Questi tre kata possono essere catalogati come bujutsu shiki, "in stile bujutsu", perché sono immediatamente utili in combattimento.

Il Jū no kata non è caratterizzato da una azione, ma da un concetto (Jū ) che lega in profondità arti marziali e pensiero daoista: compare infatti sia nel Dàodéjīng di Lǎozi, che nel Sanryaku.

 

Ju no kata ed energia dell'universo, la pratica del ju no kata adatta a tutti
Lǎozi a cavallo del bufalo

Il Dàodéjīng è il testo fondamentale del Daoismo. Viene comunemente attribuito a Lǎozi e la sua composizione risale probabilmente al 400 a.C. È composto da 81 brevissimi capitoli che trattano della natura e del carattere del Dào 道, il principio superiore e fondamentale dell'Universo. Il primo capitolo comincia con questa frase:

 

道可道非常道

Dào kě dào fēicháng Dào

 il Dào di cui si può parlare / che si può descrivere / di cui può essere detto qualcosa, non è l'eterno Dào

 

Essendo il Dào inseprimibile e inconoscibile, la descrizione procede per via apofatica, cioè dicendo ciò che il Dào non è. Ad esempio:

  • 無形 mukei senza forma
  • 無名 mumyō senza nome 
  • 無為 mu'i senza azione deliberata

Una delle immagini utilizzate come metafora del Dào è l'acqua, in grado di adattarsi alla forma di qualunque recipiente proprio grazie alla caratteristica di non possedere forma propria.

Il Dào è all'origine delle due entità complementari yīn e yáng, la cui continua trasformazione l'uno nell'altro rende possibile il manifestarsi di tutte le cose.

柔 (letteralmente "flessibile") è una delle qualità, insieme a jaku 弱 (letteralmente, "debole"), che definiscono il carattere del Dào: è il suo essere non-rigido e non-fisso che gli permette di adattarsi e trasformarsi continuamente. 

 

Ju no kata ed energia dell'universo, la pratica del ju no kata adatta a tutti
Il Sanryaku

Il Sanryaku è uno dei Sette Classici Militari cinesi. Composto probabilmente nel III secolo a.C., è un manuale di strategia militare che raccoglie e combina insegnamenti di natura confuciana, legista e daoista. 

In esso, il concetto di compare nella frase jū yoku go wo sei su 柔能剛制 (ciò che è flessibile può dominare ciò che è rigido), divenuta l’esposizione standard del principio di base del jūjutsu. compare anche nella formula naigōgaijū 内剛外柔 (dentro rigido, fuori morbido), per indicare la concomitanza di un centro stabile e della capacità di adattarsi indefinitamente all’avversario.

Nello studio di Yabune, Okada, Yamazaki, Nagaki e Inokuma del 1999, viene identificato come la condizione in cui la duplice natura del ki, yáng o yīn, ha raggiunto un punto di equilibrio chū 中, tale per cui non tende verso l’uno o l’altro, ma è in grado di adattarsi divenendo l’uno o l’altro. 

 

(Vuoi saperne di più? Una ricerca in merito al significato del Principio del Ju - 1)

                                    (Una ricerca in merito al significato del Principio del Ju - 2)

 

Lo studio cita i densho delle scuole di jūjutsu Sekiguchi ryū, Shibukawa ryū, Koguri ryū, Kitō ryū per dimostrare come la Tecnica del Jū (jūjutsu 柔術) fosse intesa come la capacità di utilizzare in combattimento la natura adattiva dello yīn-yáng una volta che questo ha trovato raggiunto l'equilibrio. 

All'atto pratico, questo si traduce nell'opporre il forte al debole e il debole al forte, non contrastare la forza dell’avversario ma sfruttarla, attaccare prontamente dove la guardia dell’avversario mostra una falla.

Nessuno di questi densho, né tanto meno la ricerca, afferma che attingere allo yīn-yáng e utilizzarlo concretamente sia una possibilità reale. 

Lo stesso densho Chi no maki del Kitō ryū chiarisce che il ki è dotato di esistenza, ma non è visibile né si manifesta.

 

氣の起るを陽と云おさまるを陰といふ當流傳氣のあつかいを教て業をなさしむるといへとも氣と云て顕われたるものにあらす

Il sollevarsi del ki è detto yō, il placarsi del ki è detto in. Benché la tradizione della nostra scuola faccia eseguire le tecniche insegnando l'uso del ki, ciò che si dice ki non è qualcosa che si manifesti.

 

Il Maestro Kanō muove una critica a una applicazione troppo letterale di jū yoku go wo sei su, utilizzando una presa a entrambi i polsi come esempio di una situazione che non si può affrontare semplicemente "cedendo" all'avversario. 

 […] il vero jūjutsu non si effettua unicamente tramite tale teoria. Ad esempio, poniamo che qualcuno ci cinga da dietro o ci afferri i polsi. Come si fa a liberarsi? Secondo la teoria “ciò che è flessibile può dominare ciò che è rigido” non è possibile liberarsi. Quando si viene cinti da dietro, se si pensa di adattarsi a quella forza non c’è altro da fare che assottigliare il proprio corpo, ma ciò è una cosa che non è possibile in pratica. Vi sono molti modi per liberarsi, ma se non ci si oppone alla forza dell’avversario con qualche metodologia liberarsi non è possibile. Ancora, in maniera identica quando i nostri polsi vengono afferrati, il modo per liberarli non è adattarsi, ma non c’è altra buona metodologia tranne opporsi alla forza inferiore delle dita dell’avversario facendo lavorare la forza superiore delle proprie braccia. Inoltre, nel caso in cui nel jūjutsu si attacchi, si colpisce, si colpisce di taglio, si stringe il collo, ma poiché in tutti questi (casi, n.d.T.) si prende l’offensiva, non vi è affatto il significato di adattarsi o di jū. Così, il vero jūjutsu e il jūdō stesso non si limitano a ciò che indica la teoria “ciò che è flessibile può dominare ciò che è rigido”, come indicano tali denominazioni, ma si effettuano applicando numerose teorie [...]


Poiché Kanō è l’autore del Jū no kata, è improbabile che abbia codificato in una kata qualcosa che definiva come erroneo. Pertanto, il del Jū no kata non fa riferimento  esclusivamente alla "cedevolezza" in sé, quanto alla capacità di mantenere una posizione equilibrata mentre si reagisce in accordo con lo stimolo ricevuto. Allo stesso modo, i movimenti contenuti nel Jū no kata non fanno riferimento a forze misteriose presenti nell'etere, ma a qualcosa di conoscibile tramite la scienza.   

La posizione più misticheggiante, che vorrebbe il ki come una forma di energia utilizzabile a piacimento dal praticante, non è attestata nella documentazione relativa al jūjutsu o al Kōdōkan jūdō.

 

(Vuoi saperne di più? Esoterismo nel Kodokan judo)

 

Bujutsu-shiki e Hyogen-shiki

La ricerca di una forma di educazione fisica che rispondesse ai requisiti dell’educazione fisica ideale occupa il Maestro Kanō per buona parte della vita. Il Jū no kata costituisce il primo tentativo di elaborare un sistema di allenamento adatto a tutte le fasce d’età che non richieda l’uso di attrezzature particolari, spazi dedicati o indumenti specifici. Successivamente, il Jū no kata viene inglobato nella sezione di lavoro a coppie dell’Educazione Fisica Nazionale, con il nome di jū shiki (alla maniera, o allo stile, jū).

Il Maestro Kanō cura due pubblicazioni relative al kata: la prima nel 1928, con il titolo di Kōbō shiki kokumin taiiku. La seconda nel 1930, intitolata Seiryoku zen’yō kokumin taiiku no kata (Forme dell'Educazione Fisica Nazionale basata sull' Impiego più Retto del Proprio Vigore). Questo è il testo originale in giapponese, traslitterato in hiragana:

 

講道館柔道の形の中で、五の形と称するもの後の三つは、武術式というよりは、むしろ思想を表現した形といわなければならぬ。柔の形の中に広い空間から精力を集めて対手の頭上に打ち下ろす意味を表すのごときは、明らかに表現式である。

Kōdōkan jūdō no kata no naka de, Itsutsu no kata to shō suru mono no ato no mitsu ha, bujutsu shiki to iu yori ha, mushiro shisō wo hyōgen shita kata to iwanakereba naranai. Jū no kata no naka ni hiroi kūkan kara seiryoku wo atsumete aite no tōjō ni uchiorosu imi wo arawasu no gotoki ha, akirakani hyōgen shiki de aru.

Kanō Jigorō Taikei, Vol.VIII, p.111, Seiryoku zen'yō kokumin taiiku, 1930

 

Confrontiamo la relativa traduzione contenuta a pagina 233 di Fondamenti del Judo del 1997 con una traduzione più accurata:

 

Fondamenti del Judo

 

Kanō Jigorō Taikei

[...] Ad esempio, nel Kodokan judo abbiamo Itsutsu no kata, di cui le ultime tre forme mettono in evidenza lo stile di espressione, ispirandosi alla raffigurazione di un'idea, piuttosto che al contenuto del Bujutsu; lo stesso accade in certe forme del Ju-no-kata, i cui gesti mimano di raccogliere l'energia dell'universo per scaricarla sull'avversario."

Si deve dire che fra i kata del Kōdōkan jūdō, le ultime tre forme di ciò che è denominato Itsutsu no kata (le Cinque Tecniche, N.d.T.), più che essere in stile bujutsu, sono tecniche che esprimono un pensiero/idea. Così, all'interno del Jū no kata, manifestare il significato di raccogliere il vigore/la forza da un ampio spazio e colpire dall'alto la sommità della testa dell'avversario è chiaramente stile espressivo.

 

Universo ed energia

A parte una certa liberalità nella traduzione, che contraddistingue Fondamenti del Judo in più di un passaggio, vi sono due termini tradotti a sproposito.

Il primo è che kūkan viene tradotto come “universo”, dove sarebbe più appropriato "spazio" inteso come ciò che si può misurare nelle tre dimensioni, non come "spazio siderale" o "firmamento".

Il secondo è che la parola seiryoku 精力 viene tradotta con "energia". Seiryoku è in effetti l’equivalente di "vigore", inteso sia come forza fisica che come determinazione mentale. Si può tradurre con “energia” a patto di considerarla come qualcosa di attinente al mondo della Fisica, e non come un'entità metafisica o mistica. Il Maestro stesso afferma chiaramente che il jū si basa sulle leggi della scienza, e se mai dovesse verificarsi il caso in cui egli stesso propugnasse qualcosa di contrario alla Scienza, si dovrebbe seguire la Scienza invece di seguire lui. 

 

"Il jūdō odierno trasmette l’insegnamento dei predecessori sulla base della scienza, perciò può in ogni momento correggere gli sbagli raffrontandoli con i principi scientifici, e anche il fondatore del Kōdōkan jūdō non dice semplicemente “seguite il mio insegnamento”, ma “seguite il mio insegnamento perché è costruito sulla base della scienza”. Perciò, se vi fossero nelle cose anche nel mio insegnamento che contraddicono l’insegnamento della scienza, ciò che spiego è seguire non ciò che dico io, ma la scienza. Per questo non vi è timore che il Kōdōkan jūdō possa peggiorare in futuro, e per questo nel Kōdōkan jūdō non possono esservi correnti. Questa, anche per quanto riguarda i kata e il randori, è la caratteristica peculiare del Kōdōkan jūdō"

Kanō Jigorō Taikei, Vol.I, pp.184-185 "Parlare del Passato, Presente e Futuro del Kōdōkan e sperare nell'impegno dei suoi membri", 1934

(Vuoi saperne di più? 15 PENSIERI (AUTENTICI) di Jigoro Kano)


Anche ammettendo che nel Jū no kata sia preponderante l'aspetto espressivo rispetto a quello propriamente marziale, la spiegazione del Maestro Kanō sembra indicare che a essere "mimato" è un colpo alla sommità del capo dell'avversario, non il raccogliere e lo scaricare l'energia dell'universo su di esso.

Movimenti del Jū no kata come kiri oroshi, katate age, tsuki age,  possono essere analizzati dal punto di vista della fisica meccanica come momento meccanico. Al variare dell’estensione del braccio e dell’apertura dell’angolo, varia la forza del colpo. 

 

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Un dettaglio di Kiri oroshi

Non c’è invece motivo fisico né metafisico per cui kiri oroshi portato in quel modo debba raccogliere l’energia dell’universo, né perché la debba scaricare sull’avversario.

Vi è una differenza nell’uso del temine ki che fanno discipline come l’Aikidō, ma la storia dell’Aikido non è quella del Kōkan jūdō, e certamente la storia del Maestro Kanō non è la storia di Ueshiba Morihei. Mentre il primo fece ogni sforzo per preservare il carattere laico della propria disciplina così che potesse essere praticabile da chiunque senza distinzione, Ueshiba combinò parte del jūjutsu di Takeda Sōkaku con gli insegnamenti di Deguchi Onisaburō, il quale si era interessato di tecniche di possessione chinkon kishin e aveva fondato una setta religiosa chiamato Oomoto kyō, oggetto di due repressioni da parte del Governo, l’ultima dei quali per lesa maestà.

 

(Vuoi saperne di più? Le Origini Oscure dell'Aikido)

 

Conclusioni


  1. Invece di definire l’azione che caratterizza il kata, il nome Jū no kata fa riferimento al  concetto jū yoku go wo sei su 柔能剛制 (ciò che è flessibile può dominare ciò che è rigido) tratto dal classico cinese Sanryaku, mutuato dal Dàodéjīng, e utilizzato come fondamento teorico del jūjutsu giapponese. 
  2. Nel contesto del  jūjutsu e del Kōdōkan jūdō, si traduce nel reagire nel modo più efficace all'azione dell'avversario, non necessariamente cedendogli.
  3. Il Maestro Kanō per primo mette in guardia conto il cercare nel Kōdōkan jūdō qualcosa che vada al di là di ciò che insegna la scienza. 
  4. La traduzione “raccoglie l’energia dell’universo per rovesciarla sull’avversario” in Fondamenti del judo è lacunosa in due punti fondamentali: universo invece di spazio ed energia invece di vigore. 
  5. Mentre c’è un rapporto diretto e fisicamente dimostrabile fra spazio e forza, non c’è modo di dimostrare che l’energia dell’universo possa essere raccolta e convogliata da un essere umano su un altro essere umano.

Pertanto, la risposta alla domanda se via sia qualcosa di simile a una relazione tra il Ju no kata ed energiadell’universo, la risposta è: no.

 

Ju no kata ed energia dell'universo, la pratica del ju no kata adatta a tutti
Kanō Jigorō nel Jū no kata

 

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Fino alla prossima volta

Acqua Autunnale 

Gasshō _/\_

 

 

 

 

 

Commenti

  1. Buongiorno, vorrei commentare il noto scritto attribuito a Jigoro Kano, da voi riportato, cioè "... il vero jūjutsu non si effettua unicamente ... ecc.".
    Diventa difficile spiegare in uno spazio limitato quante incongrunze vi siano nel testo.
    Innazitutto, JU (Róu in cinese) è una condizione del corpo, o meglio uno stato dell'energia (poi ci si può credere o meno) e nelle arti marziali si riferisce alla flessibilità, non al cedimento. Quindi non è lo spostamento a creare il JU.
    Nel testo si descrive il Ju come un andare in direzione della forza, ma nel momento in cui l'attaccante genera la forza, non è possibile adattarsi ad essa, perché automaticamente si genera una forza uguale e contraria (terza legge della dinamica), occore perciò, per esempio, dimenticarsi di tirare quando l'avversario spinge e spingere quando si viene tirati, perché è impossibile.
    Quando si stringe una parte del corpo, non viene meno la flessibilità del medesimo se esiste, né si genera una forza di contrapposizione fra i corpi (piuttosto è la forza elettromagnetica delle molecole a impedire a quella parte di implodere).
    JU è una manifestazione di YIN, mentre Gāng (in cinese) è una manifestazione di Yang, quando i polsi vengono presi, non c'è modo di liberarsi opponendosi alla forza (locale) che stringe, a meno che si prendano le dita una a una con una terza mano(?).
    Ju e Gāng sono due consistenze diverse dell'energia, la prima flessibile e rilassata e l'altra forte e dura che si devono alternare durante il combattimento e l'allenamento (per esempio nella 1^ tecnica del kime no kata, prima c'è JU, poi c'è Gāng (si colpisce), poi cè JU quando ci si sposta, infine c'è Gāng quando si rompe il braccio. Non c'è mai opposizione alla forza.
    Il principio da applicare sempre è: prima essere flessibili per potersi unire all'energia generata dall'avversario, poi aggiungere la propria energia, infine separarsi dall' energia dell'avversario (proiettando, colpendo ecc.).

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    1. Il punto è che il Maestro ha messo nero su bianco che il Kodokan judo è fondato sulla scienza, e ha anche aggiunto che se a un certo punto i suoi allievi si fossero accorti che lui insegnava qualcosa di diverso dalla scienza, loro avrebbero dovuto ascoltare la scienza e non lui.
      Immagino che intenda questo con rou 柔 e questo con gang 剛, quindi probabilmente sa che vengono dal Sanryaku 三略 e hanno un senso ben diverso sia nel contesto dei classici militari cinesi che nel contesto della filosofia daoista dalla quale derivano.

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