Qual è il significato di hontai 本體?


Introduzione

Il presente lavoro si propone di indagare il significato del termine hontai 本体. A tal fine, faremo appello a un’ampia varietà di fonti storiche e documentali, riportate puntualmente in bibliografia, cercando per quanto possibile di prendere in esame tanto l’evoluzione del significato della parola attraverso il tempo, cioè dal punto di vista diacronico, quanto la ramificazione di significati in un dato momento storico, cioè dal punto di vista sincronico.
Resta inteso che non vi è alcuna intenzione né interesse, da parte di scrive, a muovere critiche gratuite nei confronti di alcuno.

Metodo

Cominceremo con una discussione generale dei principi della lingua giapponese e della lingua cinese. Proseguiremo con una analisi dettagliata del valore della parola hontai così come desunto dai dizionari che abbiamo potuto procurarci. Infine, offriremo una traduzione integrale del capitolo “Hontai” del densho Kitō ryū, per trarre poi alcune conclusioni.

Excursus – la lingua giapponese

Poiché l’emergere della lingua orale precede di molto l’invenzione della scrittura, determinare con precisione quando il genere umano ha iniziato a parlare, o quando ha data lingua ha mosso i primi passi, è compito impossibile. Il Giappone acquisì molto tardi la propria forma di scrittura dalla Cina, intorno al V secolo d.C., ma gli stanziamenti umani nell’arcipelago sono ben documentati fino a oltre 20.000 anni fa. Il livello di organizzazione di tali insediamenti non lascia dubbi il merito al fatto che chi li abitava fosse in grado di comunicare efficacemente tramite una lingua ben strutturata. Il contatto con la Cina fu seminale per il giapponese in maniera non dissimile da quanto accadde all’inglese antico quando venne in contatto, a seguito della sconfitta di Aroldo da parte di Guglielmo il Conquistatore nella Battaglia di Hastings, con i prodromi del francese antico, innescando in processo di formazione di quello che oggi è l’inglese moderno. Proprio come l’inglese moderno è composto per circa il 70% di parole la cui origine è riconducibile al francese antico, dunque al latino, il giapponese moderno è costituito per una percentuale non dissimile da parole di origine cinese. La specializzazione delle parole non autoctone nell’una e nell’altra lingua segue un identico meccanismo: queste trovano posto in relazione alla cultura “alta”, per così dire, mentre le parole della lingua di origine conservano un carattere di schiettezza e aderenza alla tradizione.
Il caso dell’interazione fra giapponese e cinese è più complesso rispetto all’interazione fra inglese e francese perché le due lingue partono da basi e arrivano a conclusioni antitetiche. Ad esempio, dal punto di vista tipologico, cioè della classificazione delle lingue in base all’ordine dei loro costituenti fondamentali, il giapponese viene designato come lingua SOV (Soggetto – Oggetto – Verbo), mentre il cinese, al pari dell’italiano, è una lingua SVO (Soggetto – Verbo – Oggetto). Ciò significa che l’ordine della frase nelle due lingue è quasi completamente rovesciato, mentre l’inglese antico e il francese antico condividevano l’impostazione tipica SVO delle lingue indoeuropee. Le differenze si fanno molto più cospicue per quanto concerne la fonetica: il giapponese, malgrado abbia perso diversi suoni nel corso della sua evoluzione, ha un sistema di accento simile all’italiano, dato dall’intensità con cui si pronuncia una vocale rispetto a un’altra. In presenza di parole omografe, la differenza di significato passa attraverso la collocazione dell’accento su una determinata vocale. Ad esempio:

Àncora

Ancóra

Il cinese invece possiede un sistema tonale nel quale le vocali vengono pronunciate con un traiettoria che potremmo definire musicale. Il cinese standard, ad esempio, ha cinque toni diversi, che determinano cinque significati diversi in presenza di parole omografe.





ma

Anche dal punto di vista morfologico le differenze sono sostanziali: il cinese è, in maniera assai simile all’inglese moderno, privo di morfologia. Le parole acquistano significano sulla base della loro collocazione. Ad esempio


读书 
Wǒ dúshū 
Io leggo un libro



我不读书 
wǒ bù dúshū


io no leggo un libro


Il giapponese invece possiede un elaborato sistema di coniugazione, ridottosi nel dopoguerra ma nondimeno parte integrante ed essenziale della lingua moderna, tale per cui le stesse frasi diverrebbero:


本を読む
hon wo yomu
io leggo un libro

本を読まない
hon wo yomanai
io non leggo un libro


Questo ci porta al problema fondamentale che i giapponesi hanno dovuto affrontare al momento dell’introduzione dei caratteri cinesi come forma di scrittura. Il cinese, per della sua natura e dell’assenza di morfologia, dispone di centinaia di migliaia di caratteri che posso fungere tanto da sostantivi quanto da verbi, aggettivi, avverbi, in virtù della loro collocazione nella frase. Il giapponese ha invece bisogno di una serie di passaggi in più per descrivere compiutamente tutti gli aspetti della frase, ad esempio se si tratta di un passato o del presente, se la frase è affermativa o negativa.
Vediamo un esempio pratico. Fra i Sei Classici Militari ve ne è uno denominato Le Tre Strategie del Duca della Roccia Gialla, abbreviato in giapponese in sanryaku 三略, che continene la seguente, celebre citazione:


柔能剛制


La frase è perfettamente comprensibile anche in cinese odierno. Dal punto di vista del significato, è comprensibile anche in giapponese, posto che si siano studiati i kanji con cui è scritta, il problema è come leggerli. Per fare un esempio, un giapponese che volesse leggere questa frase si trova di fronte a un problema simile a quello di un europeo che si trovasse in Finlandia e volesse leggere ad alta voce quanto segue:
(attraversamento animali)
Il significato è chiaro, ma come renderlo nella propria lingua?
Vi sono due strade: la prima è leggere uno per uno i caratteri nell’ordine nel quale si trovano, secondo la pronuncia cinese. Jū nō gō sei. Questo produce qualcosa di intellegibile solo per coloro che possono vedere i kanji e capire quindi di che cosa si tratta. Diversamente, sarebbero nella stessa situazione di un europeo che si sentisse dire in finlandese “attraversamento animali”.
La seconda strada è leggere la frase secondo la sintassi giapponese, aggiungendo gli elementi mancanti per rendere comprensibile la frase.
jū yoku gō wo sei su

Ecco quindi idee da tenere a mente prima di accingersi a discutere il tema principale:
-       Il cinese sta al giapponese come il latino sta alle lingue europee. Era la lingua della cultura, conservando però nello stesso tempo un certo carattere di estraneità alla tradizione aborigena.
-     La massima parte di caratteri, o delle combinazioni di caratteri, possono essere lette secondo la pronuncia cinese o la pronuncia giapponese. La scelta ha ricadute in termini di prestigio ed elevazione del messaggio.

Hontai

Cominciamo dall’analisi dei costituenti fondamentali: i due caratteri e . Il primo significa generalmente “base, origine, radice”, il secondo “corpo”. Dato che si tratta di caratteri cinesi, la prima cosa da fare è verificare l’esistenza della parola 本体 in cinese e il suo significato.

Secondo lo 汉语词典,

philos. Noumenon; thing-in-itself main part of a machine or a project”.

(A Chinese – English Dictionary Foreign Language Teaching and Research Press, Beijin 1997)

Nella filosofia kantiana, “noumeno” fa riferimento a una cosa così come essa è in sé, contrapposto a come essa può essere conosciuta dai sensi attraverso i suoi attributi fisici. E’ poco probabile che il pensiero di Kant possa essere giunto in Cina e da questa in Giappone in tempo per influenzare il bujutsu giapponese nella formulazione dell’idea di hontai, perciò non è questa la strada da percorrere. 


Origine e sviluppo del termine


Hontai本体, o , secondo la grafia non semplificata, fa la sua comparsa relativamente tardi nel vocabolario cinese. I testi classici più antichi, come il Libro dei Mutamenti, non lo contengono. Esso è anche assente, in maniera cruciale, tanto nel Daodejing che nel Zhuangzi, il che fuga ogni dubbio sulla sua possibile derivazione daoista.  Hontai 本体 è ugualmente assente nella letteratura buddhista: il Dictionary of Chinese Buddhist Terms non ne parla, così come il Sutra  del Loto. Ciò significa che hontai non è nato in relazione alla speculazione filosofica daoista o buddhista.
Sappiamo, tuttavia, che non si tratta di una creazione recente: il dizionario Kogo jiten ne riporta la seguente descrizione:

“la forma reale. La vera forma. La sostanza di qualcosa. Il fondamento. Il principio di qualcosa”

Questo significa che in epoca classica, cioè almeno dal VII secolo, hontai era un termine in uso comune in almeno uno dei significati di cui sopra.
E’ presente anche Vocabvlario da Lengoa de Iapam, il primo dizionario della lingua giapponese compilato dai gesuiti portoghesi nel 1603. Malgrado le inevitabili discrepanze dovute all’uso del portoghese seicentesco per trascrivere il giapponese seicentesco, il significato è piuttosto semplice da identificare


Qual è il significato di hontai





(RODRIGUES, Joao Vocabvlario da Lengoa de Iapam,  p.202, Nagasaki 1603)


Il termine è curiosamente assente dal dizionario compilato da Hepburn nel 1872, cioè poco dopo l’avvento del Rinnovamento Meiji, ma ciò è probabilmente spiegabile con il fatto che il dizionario è relativamente piccolo e hontai non è una parola usata comunemente nel linguaggio comune.

E’ invece presente con regolarità in numerosi dizionari successivi:



Qual è il significato di hontai

(GRING, Ambrose  An Eclectic Chinese Japanese English dictionary, p.149,  Kelly&Walsh, Yokohama 1884


Qual è il significato di hontai

(GUBBINS, John Harrington A dictionary of Chinese Words in Japanese, p.236, The Hakubunsha, Tōkyō 1889)



Qual è il significato di hontai

(SHIMADA, A dictionary of the English Language, p.878, Koeki Shōsha, Tōkyō 1892


Qual è il significato di hontai


(SATOW, Ernest Mason A Japanese English dictionary of the spoken language, p.850, Kelly&Walsh, Yokohama 1904


Qual è il significato di hontai

(YAMAGUCHI, Miki A new critical Japanese – English dictionary , Shōbunkan, Tōkyo 1907




Qual è il significato di hontai

(INOUE , Jukichi Inouye’s Japanese English Dictionary, p.517,  Sanseido, Tōkyō 1909




Qual è il significato di hontai

(IRA, Jones 6000 Chinese characters with Japanese pronunciation, p.75, Kyōbunkan, Tōkyō 1915



Qual è il significato di hontai

(SAITO, Hidesaburo An Idiomological English-Japanese Dictionary, Iwanami Shōten, Tōkyō 1936


Lo si trova anche in lavori più moderni, come il Kojien 広辞苑 (, p.2483, Iwanami Shōten Tōkyō), il Kenkyũsha (p.2432, Kenkyūsha, Tōkyō 2003), il dizionario della lingua classica Kogo jiten (p.1171, Shōbunsha, Tōkyō 2015), oltre che il dizionario di kanji Japanese – English Character Dictionary, (p.571, Tuttle 1997) di Andrew Nelson.  

Questo significa che non si tratta di un termine raro o inusuale, e che anzi era già presente in età classica, tanto da fare parte del corpus di vocaboli che ci sono pervenuti in letteratura.


Possibili contatti

E’ un dato storicamente accertato che Miyamoto Musashi, fondatore dello stile niten ichi ryū di kenjutsu e autore del Libro dei Cinque anelli, fosse in contatto con Yagyū Munenori, erede di Yagyū Muneyoshi, fondatore dello stile Yagyū Shinkageryū. L’uno e l’altro erano in contatto con Takuan Sōhō, monaco zen della corrente Rinzai e autore del Fudōchi shinmyōroku, nel quale espone a Yagyū Munenori il suo concetto di identità fra lo zen e il kenjutsu. Secondo alcune fonti, è a lui che si deve il nome Kitō dello stile Kitōryū.
Tuttavia, non c’è traccia del termine hontai né nel testo del Gorin no sho né nel Fudōchi shinmyōroku, perciò è da escludere che si tratta di una creazione di Takuan.

Hontai

Hontai è il primo passaggio del densho Kitōryū. Verosimilmente, si tratta dell’idea chiave per decodificare l’attitudine del Kitōryū nei confronti del combattimento.

者体之事理也。専離形扱。不得正理己不知扱静貌至所得静、敵之弱能徹。弱通達、則千變萬化、無不制敵。是則中虚實。為本、務躰之正已。故本

Hontai ha karada no jiri nari. Moppara katachi hanare ki atsukau. Shōri ezareba onozu ki atsukai wo shirazu. Sei bō itaru seiki shotoku shite, teki no kyōjaku yoku su. Kyōjaku tsūtatsu sureba, sunawachi senhen manka, sei sezaru teki wo nashi. Kore sunawachi jitsu ni kyo chū suru. Hon naru ha, tai no sei wo tsutomuru nomi. Yue ni hontai to shika iu.


Hontai è il senso (ragione, proprietà) del corpo. Allontanarsi dalla forma, utilizzare il ki. Se non si ottiene questo principio, non si può capire l’uso del ki. Ottenendo la tranquillità del ki che porta alla forma imperturbabile, si possono penetrare la forza e la debolezza del nemico. Poiché si padroneggia la forza e la debolezza, cioè gli innumerevoli cambiamenti e le infinite trasformazioni, non esiste nemico che non si possa sopraffare. Questo è giungere al vuoto. Ciò che è detto “origine” (hon ) è semplicemente sforzarsi di padroneggiare il corpo (tai ). Per questo è detto “hontai”.

Interpretazione       

Il passaggio è scritto in kanbun, cioè esclusivamente in caratteri cinesi, come tipico per i testi formali della letteratura maschile. C’è una forte allusione all’idea di “senza-forma”, che richiama molto bene i medesimi concetti espressi in relazione all’idea di tanto nel daoismo quanto nella successiva formulazione della teoria del jūjutsu (vedi articolo in proposito), ma più importante ancora è l’insistenza sull’idea di calma e tranquillità. Il carattere ha in questo un valore fondamentale, in quanto latore dell’idea di moderazione e decoro tipica della cerimonia del tè. Un principio piuttosto simile, benché non formulato come hontai, si trova nel manuale di Tenjinshin’yō ryū del quale il Maestro Kanō curò l’introduzione,, laddove si dice che portare il ki alla pienezza non consiste nell’urlare come ossessi e con una faccia rubiconda (Tenjinshin'yō ryū jūjutsu gokui kyōju zukai, p.25, Tōkyō 1893).Tuttavia, il concetto espresso da hontai è la naturalezza originale del corpo, senza irrigidimenti, in modo che esso possa essere usato per avere la meglio tanto sulla forza che sulla debolezza dell’avversario, la quale è un prodotto diretto della calma dello spirito.

Shizen hontai, jigo hontai

Nella letteratura specializzata, oltre che sulla maggior parte delle risorse online, è frequente trovare le posizioni del corpo nel Kōdōkan jūdō descritte in termini di shizen hontai e jigo hon tai, con le relative varianti destra e sinistra. Esse vengono generalmente tradotte come “posizione naturale” o “posizione fondamentale”. Tuttavia, c’è motivo per ritenere altrimenti.
Dal punto di vista sintattico, il giapponese posiziona gli aggettivi alla maniera dell’inglese, prima del nome o del costrutto a cui si riferiscono. Ad esempio, hon kesa gatame本袈裟固め si riferisce alla tecnica kesa gatame nella sua forma fondamentale. Ushiro ukemi si riferisce alla tecniche di caduta nella direzione all’indietro. Si noterà certamente, nel caso di shizen hontai e jigo hotai, che c’è una differenza sostanziale. Qui, la funzione dell’aggettivo viene ricoperta rispettivamente da shizen e da jigo, da rendersi pertanto in italiano come naturale e difensiva, mentre hontai funziona da sostantivo. Pertanto, almeno dal punto di vista linguistico, shizen hontai suona in giapponese come “hontai naturale”, jigo hontai come “hontai difensivo”. Il che testimonia, tramite una precisa scelta lessicale, il riconoscimento del valore dell’idea fondamentale del Kitō ryū, il cui kata comincia, non a caso, con la tecnica tai, che illustra precisamente come l’azione di uke viene neutralizzata dal mantenimento di una posizione equilibrata, imperturbabile, da parte di tori. 


Fino alla prossima volta
Acqua Autunnale
Gasshō _/\_

Bibliografia


A Chinese – English Dictionary Foreign Language Teaching and Research Press, Beijin 1997

AA.VV Kenkyūsha’s New Japanese-English Dictionary, p.2432, Kenkyūsha, Tōkyō 2003

RODRIGUES, Joao Vocabvlario da Lengoa de Iapam, 1603

GRING, Ambrose  An Eclectic Chinese Japanese English dictionary, p.149,  Kelly&Walsh, Yokohama 1884

HEPBURN, J.C. Japanese English and English Japanese Dictionary, American Presbiterian Mission Press,  Shanghai 1872

INOUE , Jukichi Inouye’s Japanese English Dictionary, p.517,  Sanseido, Tōkyō 1909

IRA, Jones 6000 Chinese characters with Japanese pronunciation, p.75, Kyōbunkan, Tōkyō 1915

Kōjien, p.2483, Iwanami Shōten Tōkyō

MATSUMURA, YAMAGUCHI, AKITA Kogo jiten, p.1171, Shōbunsha, Tōkyō 2015

SAITO, Hidesaburo An Idiomological English-Japanese Dictionary, Iwanami Shōten, Tōkyō 1936

SATOW, Ernest Mason A Japanese English dictionary of the spoken language, p.850, Kelly&Walsh, Yokohama 1904

SHIMADA, A dictionary of the English Language, p.878, Koeki Shōsha, Tōkyō 1892

SOOTHILL, LODOUS A dictionary of Chinese-Buddhist terms, p.190, Londra 1937

YAMAGUCHI, Miki A new critical Japanese – English dictionary , Shōbunkan, Tōkyo 1907

YOSHIDA, ISO Tenjinshin'yō ryū jūjutsu gokui kyōju zukai, p.25, Tōkyō 1893











Commenti

Post più popolari