Kano Jigoro - Uki otoshi nel Kata di Jujutsu del Dai Nippon Butokukai 1908
Forse non tutti sanno che...
Il Dai Nippon Butokukai non era l'equivalente dell'Impero Galattico di Star Wars, o almeno non del tutto. Si dà infatti il caso che una nutrita schiera di qualificati maestri si riunirono sotto la direzione del Fondatore del Kōdōkan jūdō, Kanō Jigorō, al fine di elaborare un kata comune per l'insegnamento del jūjutsu nelle scuole medie e superiori giapponesi. Il risultato di questo incontro fu la pubblicazione, nel 1908, del Dai Nippon Butokukai Seitei Jūjutsu no Kata, o "kata di Jūjutsu stabilito dal Dai Nippon Butokukai Seitei Jūjutsu no Kata", altrimenti detto Randori no Kata, e comprendente il Nage no Kata così come stilato dal Maestro Kanō, insieme al Katame no Kata dell'epoca con alcune modifiche discusse dalla succitata commissione. Ci è sembrato interessante proporre una traduzione della prima tecnica del Nage no Kata, Uki otoshi, per due ragioni:
- la spiegazione di come Tori provoca la reazione necessaria in Uke all'esecuzione della tecnica
- il fatto che potremmo sbagliare, ma ci pare che le cose siano un po' cambiate da allora.
互いに三尺程の距離にて自然本体にて相對し、受が右足を一歩前へ出し、右手にて、取の左横襟を順に、左手にて取の右外中袖を順に捕り、右自然体に組まんとす、取は其機先を制しながら、右手にて受の左横襟を順に、左手にて受の右外中袖を順に捕り、左足を先に、次いで右足を体と共に一歩後に退き、右前隅に引き出す、受は引かるるに縦つて、一歩前へ進んで出で、自然体を保たふとする處を取は又前の如く引き出す、受は引き出さるる儘又一歩前へ出て矢張自然体を維持せんとす、取は前に引きたるときよりは、一層多く引き出さんとすれば、受の体勢は第二圖の如く、体重が右足に集まり前に傾ひて浮く、其瞬間に取りは、第三圖の如く、左膝を曲げ地に付け、右膝を立て、左右の手と体と共に一勢に引き落とす時は受は一種も曲線を畫きながら、圖の如く、倒るるのである、右が濟まんだなれば其儘立ち上がり、左自然体に組み前同様の方法に依り、左の浮落施すのである。
Tagai ni sanshaku hodo no kyori ni te shizen hontai ni te aitai shi, uke ga migi ashi wo ippo mae he dashi, migi te nite, tori no hidari yoko eri wo jun ni, hidari te nite tori no migi sotonaka sode wo jun ni tori, migi shizen tai ni kuman to su. Tori ha sono kisen wo sei shinagara, migi te nite uke no hidari yokoeri wo jun ni, hidari te nite uke no migi sotonaka sode wo jun ni tori, hidari ashi wo saki ni, tsuide migi ashi wo karada to tomo ni ippo ushiro ni shirizoki, migi ma e sumi ni hikidasu . Uke ha hikaruru ni shitagatte, ippo mae he susunde ide, shizen tai wo tamotō to suru tokoro wo tori ha mata mae no gotoku hikidasu. Uke ha hikidasaruru mama mata ippo mae he dete yahari shizen tai wo iji sen to su. Tori ha mae ni hikitaru toki yori ha, issō ooku hikidasan to sureba, uke no taisei ha dai ni zu no gotoku, taijū ga migi ashi ni atsumari mae ni katamuite uku, sono shunkan ni tori ha, dai san zu no gotoku, hidari hiza wo mage ji ni tsuke, migi hiza wo tate, sayū no te to karada to tomo ni issei ni hikiotosu toki ha uke ha isshū mo kyokusen wo kakinagara, zu no gotoku, taoruru no de aru. Migi ga sumanda nareba sono mama tachi agari, hidari shizen tai ni kumi mae dōyō no hōhō ni yori, hidari no ukiotoshi wo hodokosu no de aru.
(Tori e uke) sono in piedi uno di fronte all’altro a una distanza di circa 3 shaku[1], uke avanza di un passo la gamba destra, afferra con la mano destra in presa normale[2] il bavero laterale, sinistro di tori, con la mano sinistra l’esterno della parte centrale della manica destra di tori e fa per[3] assumere la posizione[4] migi shizen tai. Tori, approfittando[5] di questa opportunità[6], afferra con la mano destra in presa normale il bavero laterale sinistro di uke, con la mano sinistra l’esterno della parte centrale della manica destra di uke, e quindi arretra di un passo, insieme al corpo, prima con la gamba sinistra, poi con la gamba destra, e tira verso l’angolo avanti destro[7]. Uke, a seguito dell’essere tirato, esce[8] avanzando di un passo cercando di mantenere la posizione di shizen tai. A questo punto tori tira un’altra volta come in precedenza. Uke, così come è stato tirato, avanza di un altro passo e fa per[9] mantenere vigorosamente la posizione di shizen tai. Quando tori tira con un movimento ancora più grande[10] rispetto a quando ha tirato in avanti (le precedenti due volte, n.d.T.), uke fluttua[11] concentrando il peso sul piede destro e piegandosi in avanti, la posizione come in fig. 2. In quell’istante tori, come in fig.3, piega il ginocchio sinistro e lo punta a terra, raddrizza[12] il ginocchio destro, e quando tira e fa cadere[13] fortemente uke usando insieme[14] entrambe le mani e il corpo, uke disegna una sorta di linea curva e cade come in fig. Da quella posizione si alza, avendo terminato (l’esecuzione n.d.T.) a destra, (entrambi n.d.T.) fanno le prese a sinistra ed eseguono con la stessa procedura di prima uki otoshi a sinistra.
Dai Nippon Butokukai Seitei Jūjutsu no Kata, pp.13-14, Benridō, Kyōto 1908
Conclusioni
Se c'è qualcosa che si può dire, senza voler scendere in dettagli tecnici che non sono lo scopo principale del nostro lavoro, è in merito alla generazione dell'azione da parte di tori, al permanente squilibrio di uke e alla proiezione effettuata con tutto il corpo, che avalla la spiegazione tradizionale delle tecniche con "prevalente", ma non esclusivo", uso di una determinata parte del corpo.
Il resto lo lasciamo alla trattazione dei più esperti.
Il resto lo lasciamo alla trattazione dei più esperti.
Fino alla prossima volta
Acqua Autunnale
Gasshō
[1]
1 shaku equivale a circa 33 cm
[3]
組まんとすKuman to su. Abbreviazione
di kumamu to su, dove la desinenza –mu indica una sfumatura di intenzione
nel giapponese classico.
[4]
組むKumu,
letteralmente “intrecciare, intrecciarsi”, indica l’azione con cui entrambi i
praticanti si mettono in guardia facendo l’un l’altro le prese. Confronta 組方kumikata
[5]
制すsei su. Letteralmente,
“dominare”, “fare proprio”, “sottomettere”. Confronta 柔は能く剛を制すjū ha yoku gō wo sei su, “il flessibile può avere la meglio sul rigido”.
[6]
機先
kisen. Letteralmente,
“ciò che immediatamente precede il verificarsi di qualcosa”. La locuzione
intera, 機先を制す
kisen wo sei su,
viene glossata nel Kōjien come “
anticipare l’altro e condurre se stessi alla vittoria controllando l’ardore o
il proposito di questi a compiere qualcosa”.
[7]
Dal punto di vista di tori
[9]
せんとすSen to su.
Abbreviazione di semu to su, dal
verbo su (fare) + la particella mu discussa nella nota 3.
[11]
浮くuku. Vi sono
varie sfumature di significato per questo verbo, che veicola l’idea di “fluttuare”
nel o nel senso fisico, in aria o in acqua, oppure di muoversi senza equilibrio
né certezza.
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