Saluto - Del valore del chinare la testa

 

Abbiamo pensato, dopo gli articoli relativamente complessi dei giorni scorsi, di concederci un post diverso, parlando di qualcosa di più semplice e rivolgendoci direttamente a Voi, che avete la pazienza e la gentilezza di scorrere queste righe.

 

Il legame fra poesia e arti di combattimento in Giappone è estremamente forte, radicato nella tradizione autoctona e nelle influenze di origine cinese al punto da far nascere l’espressione bunburyōdō文武両道, che si può tradurre liberamente come “le due vie delle Lettere e delle Arti di Combattimento”, a sintetizzare l’ideale che il samurai doveva perseguire.

 

Fra le pagine del Dizionario illustrato del Bujutsu (Bujutsu Zukai Jisho) mi e’ capitato di leggere una poesia giapponese particolarmente suggestiva, che vi trascrivo:

 

 

実るのど頭を垂るる稲荷かな

さがる程その名は掲る藤の花 

 

Minoru hodo atama wo taruru inekari ka na

Sagaru hodo sono na wa kakaru fuji no hana

 

Più matura più piega la sua testa tende verso il basso, la spiga di riso

Più scende verso il basso più il suo nome si solleva (diventa famoso), il fiore di glicine.

 

 

Ci sono una serie di interessanti livelli di lettura:

 

  • la pianta di riso e il fiore di glicine simboleggiano il nutrimento fisico (riso) e spirituale (la bellezza della natura) della nazione giapponese. 
  • essi sono rispettivamente il simbolo della classe dei contadini () e dei samurai (shi), per via del fatto che Fujiwara 藤原, cioè Piana dei Fuji, era il nome della famiglia che per prima ricevette il titolo di Shōgun, o governatore militare, costituendo poi un centro di potere autonomo a Kamakura e dando il via all'ascesa della classe dei samurai. 
  • c' e' poi questo movimento verso il basso contrapposto alla maturità del riso e alla bellezza del glicine. Un invito all' umilta' nella sua accezione originale latina, hŭmilitas come vicinanza alla terra. 

 

Potrebbe risultare ostico, a chi è abituato all'idea di primeggiare, di svettare, di spezzarsi ma non piegarsi e simili, comprendere il valore profondo e il senso del saluto espresso dal chinare la testa. Un gesto, se fatto correttamente, in cui non c' è umiliazione,  ma solo ritorno alla condizione umana autentica. Il nostro sguardo si fissa sul terreno sotto di noi, dove ci troviamo adesso, sul qui e ora, espresso nel buddhismo dalla frase ima, koko , ここ e dal parallelo latino hic et nunc.

 

Troviamo che la trasformazione delle arti di combattimento in sport, se da un lato ha il vantaggio di rendere queste discipline visibili e di attrarre l'attenzione dei curiosi, tenda a far dimenticare l'insegnamento insito nel saluto. La vittoria è fugace, passeggera, e comporta per sua natura la sconfitta dell'avversario. Il saluto ben eseguito, una volta imparato, migliora con l' età e onora chi lo compie e il compagno che lo riceve.

 

Crediamo che risieda anche in quello quel ningen keisei 人間形成, quella piena realizzazione dell'Essere Umano, che il jūdō e il kendō si sono posti come obiettivo finale.

 

A presto, e buon keiko a tutti.

 

                                                   Acqua Autunnale

gasshō 合掌

 


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